mercoledì 8 agosto 2012


"Saper mettere un punto e andare a capo è uno dei segreti di ogni storia della vita. Se lo ritardi la rovini, se l’anticipi, la bruci, e se lasci che sia l’altro a mettere il punto al posto tuo vuol dire che tu eri già uscito dalla storia. Gli addii non si annunziano, si compiono, e la loro violenza è inevitabile come quando si muore, la violenza del silenzio che segue. Gli addii camuffati da arrivederci li considero le perfidie peggiori, in realtà tagliano le gambe ad ogni possibile ritorno... Mettere un punto non è abbassare il sipario e nemmeno cambiare copione, è semplicemente interrompere la recita e uscire di scena, non finire la battuta, osare, interromperla con un punto assurdo, scontentare il pubblico, l’impresario, perfino te stesso! Perchè recitare il tuo ruolo ti piaceva... e come se ti piaceva! Ma vivere tutto “come se” è un danno, lo conosco e me lo sono procurato cento volte. Ci sono coppie immobili che per paura dell’abbandono sono avvinghiate con il filo spinato del “come se”, come se si amassero ancora…"

Jack Folla

5 commenti:

  1. Dissento su tutta la linea.

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  2. Si sta delineando un profilo interessante.. sembri una persona contraria alle separazioni e agli addii, ma allo stesso tempo non concepisci il perdono e il lasciar perdere i torti subiti. Non so come fai a conciliare questi due "principi" nei rapporti.. C'è il rischio che così qualsiasi relazioni diventi un gioco al massacro, sottile, quotidiano, spietato, per se stessi e per chi ci sta accanto. O perdono e vado avanti, o se non riesco a vivere in pace con qualcuno cambio strada. I rapporti si costruiscono in due, se da una parte c'è totale assenza di collaborazione, il rapporto è destinato a concludersi, non dopo aver causato i suoi danni. A volte gli addii si ritardano, e andrebbero detti molto, molto prima.

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  3. Le separazioni e gli addii sanno di morte, la vera conclusione di tutto. Detesto chi si improvvisa morto prima del tempo. I torti subiti, poi, dipende da quali sono. In realtà la spiegazione é semplice. Detesto che si sporchi o si tenti di sporcare quello che provo, é una cosa che non posso perdonare. Ma non basta a smettere di provarlo. Per altro, é l'unico modo di lasciare intatto e pulito ciò che si é provato. Salvo il risultato positivo, che é solo mio, evidentemente, e condanno l'azione imperdonabile di aver tentato di distruggerlo e chi l'ha commessa. L'attore dell'azione finisce nel limbo, né carne né pesce, né paradiso né inferno. Come tutto ciò che non ha contorni precisi é come se non esistesse e non fosse mai esistito, per me. Sono io ad avergli dato forma e consistenza, di suo non ce l'aveva. Non é uno sbaglio, non é una colpa: con me non c'entra. Per questo posso tranquillamente continuare ad averci a che fare. Non si può dire addio a qualcuno che, per te, ha dato prova di non esistere e di non essere mai esistito. E mentre lo scrivo mi accorgo che la ritengo una condanna ben peggiore di quella descritta da lei. Per chi ne é oggetto. Perché lo reputo un'ameba e non c'é cosa peggiore, ai miei occhi, che non avere una forma propria e farsela dare da altri.

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  4. Ha mai fatto il funerale a qualcuno da vivo? Io sì. Continuare a parlarci é come parlare ad un fantasma. I fantasmi non possono toccarti in alcun modo, nel bene e nel male. Quella é una prerogativa di chi é vivo. Ma se per te é morto, il problema non c'é. Tutt'al più rumore e fastidio.

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  5. Bello, il paragone con la recita. Rileggendo non ho potuto fare a meno di notare una cosa evidente. Le recite finiscono. Appunto. Gli addii sono l'uscita di scena dei vigliacchi e di chi recita. Mai stata vigliacca in vita mia. Mai recitato. Per scelta.

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